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Stampe

Incisione d'allegoria e satira Vincenzo Gioberti Don Pirlone 1851

36,00 €

Il Tempo che fu

(Enna, Italia)

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Descrizione

Preziosa ottocentina allegorico - caricaturale Tema: L'ambizione politica di Vincenzo Gioberti, autore del Gesuita Moderno: vuole lusingare il governo di Roma, tradire il popolo, ricondurre a casa il Pontefice. Ogni mezzo, onesto o illecito, è buono se serve a raggiungere lo scopo Bella e rara incisione all'acquaforte di satira pungente e dissacrante sui Moti del 1848, detti anche Rivoluzione del '48 o Primavera dei Popoli, che sconvolsero l'Italia e tutta l'Europa nel 1848 e 1849. Estratta dall'introvabile: Don Pirlone a Roma. Memorie di un Italiano dal 1°settembre 1848 al 31 dicembre 1850. Autore: Michelangelo Pinto Editore: Alessandro Fontana Anno di pubblicazione: 1851 DON PIRLONE - 007/LXXIX Dimensioni Cm 22,00 x 16,00 Qualora vogliate delle scansioni migliori contattateci, soddisferemo ogni vostra richiesta. Contesto storico: I moti del 1848, detti anche rivoluzione del '48 o Primavera dei popoli furono un'ondata di moti rivoluzionari borghesi che sconvolsero l'Europa nel 1848 e nel 1849. Scopo dei moti fu abbattere i governi della Restaurazione per sostituirli con governi liberali. Il loro impatto storico fu così profondo e violento che nel linguaggio corrente è entrata in uso l'espressione «fare un quarantotto» per sottintendere una improvvisa confusione e scompiglio. La prima agitazione europea del 1848 si verificò in Italia: la rivoluzione siciliana che esplose il 12 gennaio di quell'anno, che rappresentò la prima miccia dell'esplosione europea. L'insurrezione siciliana, infatti, spinse in un primo momento i Borbone a concedere il ritorno nell'Isola alla costituzione del 1812. Seguì una rivoluzione a Napoli, il 27, che costrinse, due giorni dopo, Ferdinando II a promettere una Costituzione, promulgata l'11 febbraio. Lo stesso 11 febbraio Leopoldo II di Toscana, cugino primo dell'imperatore Ferdinando I d'Austria, concesse la Costituzione, nella generale approvazione dei suoi sudditi. L'esempio borbonico fu seguito da Carlo Alberto di Savoia con lo Statuto Albertino e da Papa Pio IX con lo Statuto Fondamentale. Solo il re piemontese mantenne però lo Statuto. In Sicilia il parlamento proclamò in marzo l'indipendenza, che sarebbe durata fino al maggio 1849. Nel napoletano la concessione e la successiva repressione delle libertà costituzionali, portò dal maggio al settembre di quell'anno a una serie di moti. In tutto il Regno Lombardo-Veneto scoppiarono rivolte, come le Cinque giornate di Milano che sfociarono nella prima guerra di indipendenza. Nello Stato Pontificio una rivolta interna estromise papa Pio IX dai suoi poteri temporali e portò alla costituzione della Repubblica Romana. La rivoluzione delle Cinque giornate di Milano e altre proteste indussero il Re Carlo Alberto a dichiarare guerra all'Austria. Le truppe vennero presto sconfitte e solo quelle francesi poterono far retrocedere gli austriaci. La successiva ascesa al trono di Vittorio Emanuele II fece del Piemonte il motore propulsore del processo di unificazione italiana che tuttavia si sarebbe ottenuto solo nel 1861. Per quanto i Moti del '48 furono sedati abbastanza velocemente, le vittime furono decine di migliaia: il destino della democrazia europea ci è sfuggito di mano dichiarerà Pierre-Joseph Proudhon. Gli storici concordano che la Primavera dei popoli fu, alla fin fine, soprattutto un sanguinoso fallimento, se si eccettua la concessione dello Statuto Albertino nel Regno di Sardegna da parte di Carlo Alberto di Savoia, l'unica costituzione non revocata di quelle concesse o votate nel 1848-49. Vi furono tuttavia radicali e notevoli effetti a lungo termine: Germania e Italia sarebbero presto arrivate all'unificazione facendo leva anche sulla necessità di autodeterminazione dei popoli. Analogamente l'Ungheria sarebbe giunta ad un parziale riconoscimento della propria autonomia (a discapito della popolazione slava) grazie all'Ausgleich del 1867. In Prussia e Austria fu abolito il feudalesimo, mentre in Russia fu eliminata la servitù della gleba nel 1861. Tavola allegorico - caricaturale sullo stato dell'Italia del tempo, incisione su rame ricca di significato e rappresentazione mediante satirica dissacrante della condizione della nostra penisola oppressa. Le tavole dell'opera furono in parte riprese dal giornale romano Don Pirlone, quotidiano, uscito dal 1 settembre 1848 al 2 luglio 1849 (con una interruzione dl 29 aprile al 7 maggio 1849), ma in parte furono realizzate appositamente per questa opera. Tra gli incisori sono presenti anche i nomi di Ratti, Vaiani, Monneret, Gallucci, Pichi, Masutti. Il titolo Don Pirlone deriva quasi sicuramente da una maschera creata dallo scrittore satirico Girolamo Gigli (1660 - 1722). Si trattava di una specie di Tartufo molieresco, ispirato ad una figura reale, il canonico Feliciati di Sarteano. Nei tre volumi l'avvocato Michelangiolo Pinto raccolse tutto il pubblicato del giornale, che fu il più temuto e allo stesso tempo il più apprezzato tra i molteplici giornali satirici che si pubblicavano nel