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Libri antichi e moderni

Becattini Giuseppe

Vita pubblica e privata di Pietro Leopoldo d'Austria granduca di Toscana poi imperatore Leopoldo II, Seconda edizione ampliata, corretta, ed arricchita con note.

all'Insegna del Mangia,, 1797

120,00 €

Zanfrognini Antonio Studio Bibliografico

(Modena, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1797
Luogo di stampa
Siena,
Autore
Becattini Giuseppe
Editori
all'Insegna del Mangia,
Soggetto
STORIA LOCALE GRANDUCATO DI TOSCANA
Lingue
Italiano

Descrizione

In 8° (18,3x11,8 cm); 326, (2 b.) pp. Legatura coeva in cartoncino molle a motivi in verde e giallo ai piatti, dorso in cartoncino molle maculato con filetti in oro al dorso. Fascetta con titolo in oro al dorso. Piccola pecetta ex-liberis al margine basso del frontespizio e timbretto di proprietà privata allo stesso che identifica l'esemplare come appartenuto alla nota famiglia nobile dei Magiera. Esemplare ancora in barbe ed in buone condizioni di conservazione. Seconda edizione, assai rara e preferita alla prima del 1796, per le numerose aggiunte e correzioni di questo studio del noto storico, poligrafo e studioso fiorentino, Francesco Becattini (1740 - ). Autore di diversi studi storici, ritenuti piatti anche se non privi di spunti interessanti, è forse con “Istoria dell'Inquisizione, corredata di opportuni e rari documenti” che l'autore si allontana dalla sua tipica produzione per comporre un'opera che analizza e sfrutta in modo ambiguo alcune vicende oscure che vengono presentate come fatti misteriosi o scandalosi, trasformando alcune indiscrezioni in verità e tramutando l'aneddoto in storia. L'opera voleva essere una dura critica dell'oscurantismo religioso ed in conseguenza, un adulazione del Granduca Leopoldo I che aveva aveva abolito il tribunale del Sant'Uffizio, nei suoi territori nel 1782. Sembra che in questi anni la situazione economica dell'autore fosse tutt'altro che florida e che a questo fosse imputabile la partecipazione di Becattini ad alcuni fatti di spionaggio che lo portarono a dover fuggire da Firenze prima a Napoli e poi a Venezia. Dopo alterne vicende, con l'approssimarsi dell'esercito rivoluzionario francese, Becattini pensò di poter cambiare le sue sorti, rendendosi gradito a coloro che sembravano il “partito” in ascesa. Girò le spalle agli austriaci e iniziò la frettolosa compilazione di un libro denigratorio del Granduca toscano. Dalla Treccani si legge "Nel 1796 l'appressarsi delle truppe francesi suscitò nel B. nuove ambizioni e nuove speranze. Direttosi subito verso la Lombardia, pensò giunta l'occasione di vendicarsi definitivamente delle proprie aspirazioni deluse, di sfogare i repressi sentimenti di rancore, di procurarsi delle brillanti commendatizie presso i nuovi padroni quale fustigatore dell'antico regime, e in particolare di quello asburgico. Nacque così precipitosamente una delle opere più violente ed acri della polermica politica del nostro '700, ma anche delle meno perspicaci, la Vita pubblica e privata di Pietro Leopoldo d'Austria granduca di Toscana, poi imperatore Leopoldo II, uscita con l'indicazione di Filadelfia "all'insegna della verità" 1796, e stampata a Milano quasi sicuramente dal Galeazzi. Nel 1797, con ancora una falsa indicazione di Siena, "all'insegna, del Mangia", lo stesso stampatore ne metteva sul mercato una "seconda edizione, ampliata, corretta ed arricchita con note". Non sarebbe stato vano, in fondo, ascoltare da una voce informata e pettegola come quella del B. alcuni dei retroscena della vita toscana dei tempi di Pietro Leopoldo: ma la scarsa sensibilità morale e la tenue vena narrativa dello scrittore tramutarono quell'occasione in un autentico fallimento. Ambiguo, sin dal principio, l'autore volle attribuirne la paternità, come si è già detto, ad un altro, poligrafo di scarsa fortuna, il napoletano, Giuseppe Ramirez; rivelò i suoi rancori attaccando senza finezza lo storiografo ufficiale di casa Medici, l'archivista fiorentino Riguccio Galluzzi; riversò senza discernimento nel libro polemico osservazioni penetranti e infinite miserie di poco o nessun conto, con un livore senza fine, e tale da toglier valore e forza all'opera intera. Di fronte a tanta grossolanità polemica, poco contavano la finzione di aver scritto quelle pagine nelle "tranquille e libere contrade dell'America settentrionale. non avendo. da temere o sperare sotto l'orribil giogo del dispotismo" (2 ediz., pp. 3 s.), e ancor meno veniva soddisfatto l'intento di presentare agli occhi dei popoli il governo di Leopoldo come il più barbaro e il più opprimefite fra i regimi tirannici; esagerata era la critica di questo govemo, condannato perché al. tempo stesso "avaro e fastoso; religioso, ipocrita all'apparenza, e miscredente e libertino fino all'eccesso; clemente e dotato di tutta la durezza tedesca; filosofo nel tempo istesso arbitrario e despota ferocissúno, e rivestito della mania di volere essere legislatore, riformatore e teologo per tutte le strade e con tutti i mezzi" (p. 10); troppo marcata era l'alterazione dei fatti nel ritratto della Toscana d'auora, i cui sudditi sarebbero stati "ridotti in venticinque anni di governo quasi disperati e nella più deplorabile situazione" (ibid.).Fatti, giudizi, indiscrezioni, accuse, tutto è esemplato su questa irragionevole e rozza facilità. E, tuttavia, il libro contiene una ricchezza di particolari capace di gettar luce sugli aspetti meno limpidi e più contradditori dell'opera di governo di Pietro Leopoldo". Seconda edizione notevolmente aumentata ed in buone-ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: IT\ICCU\CFIE\009031.
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