Tre tomi in-16° (16,1 x 10 cm) pp. XII, 389, (1); 442, (2); 429 (1), legatura coeva in piena pergamena con titoli su tasselli al dorso. Evidenti segni d'uso e del tempo alla legatura, che presenta mende, strappi e mancanze alla pergamena, con legatura che rimane comunque salda. Conservati i segnacoli originali. Al tomo I, piccoli lavori di tarlo nella parte inferiore delle pagine 1-55, che interessano anche il testo, con perdita di alcune lettere; da pagina 55 a pagina 167, detti lavori, più contenuti, riguardano solo la parte superiore e quella inferiore del margine interno bianco. Nel margine esterno bianco di pagina 340 del tomo II e di pagina 290 del tomo III, piccolo, vecchio restauro che non riguarda il testo. Per il resto, a parte i problemi segnalati alla legatura, esemplare fresco e ben conservato. Edizione non comune. Si tratta, con tutta probabilità (l'ICCU registra solo la presente), della prima ed unica traduzione italiana dell'opera Entretiens philosophiques sur la religion, dell'abate francese Louis Guidi, opera edita, per la prima volta, nel 1771. Di detto scritto, che rappresenta la continuazione di una pubblicazione apparsa nel 1769, dal titolo Entretiens sur la religion entre un jeune incrédule et un catholique, seppur, per stessa ammissione dell'autore, possa esser considerato da essa indipendente (cfr. Entretiens philosophiques sur la religion, Avertissement: «C'est-là que se termine une petite brochure, qui parut il y a deux ans, dont celle-ci, quoique la suite, peut être regardée comme absolument indépendante»), nel 1772 e nel 1780, venne pubblicato un seguito, in due volumi entrambi intitolati Suite des Entretiens philosophiques sur la religion. Questo l'Avvertimento al lettore: «Questi sono Trattenimenti sopra la Religione, nulla di maggiore importanza; essi sono Filosofici, qual cosa più conforme al gusto del nostro secolo? Sono Polemici, e quinci nulla vi ha, che più stuzzichi la contraddizione. Trattasi qui di un giovane Ufiziale, che Cristiano non è, né Miscredente, il qual tuttavia sente la necessità di pigliar partito. È instruito abbastanza sopra la Religione, per sospettarne la Divinità, ma troppo poco poi, perchè e' risponda a' suoi Avversarj. Sbalordito dal miracolo di San Cosmo (la relazion del quale si è sparsa in Parigi sotto il sigillo del Governo), si ritira nel suo Castello per esaminarne le conseguenze. Un Amico sotto il nome di Alcimo, Cristiano instruito insieme e zelante, sviluppa a lui quelle conseguenze, risponde alle difficoltà sue, e fa impressione. Qui termina un picciolo scritto venuto alla luce due anni sono, del quale il presente, comeché siane la continuazione, può tuttavia essere riputato come del tutto indipendente. Conciossiacosachè, un novello Attore qui comparisce, e fa mutare scena rappresentando dei nuovi oggetti. Incredulo costui de' più fermi, comeché sincero in apparenza, cioè il Conte di L. vicino del nostro Soldato si reca da lui a trattar la causa della Irreligione. I Signori Filosofi non avran motivo di dolersi di cotesto loro Avvocato: perocché queste appunto sono le idee loro, il loro sistema, e gli artifìzj, a' quali e' dà mano, e ch'egli fa valere. E siccome le bestemmie e le ingiurie non sono ragioni, non avranno essi a male, che si risparmino a' leggitori, e in levandole via, si rendano così le obbiezioni loro più forti, e meno muovano a sdegno le loro asserzioni. Che se non accusan eglino di debolezza colui, che gli rappresenta, non ne taccieranno forse la Parte loro avversaria; e i Cristiani medesimi non si dorranno per avventura dell'insuffìcienza di essa? Non v'ha dubbio, ma questo può accadere agli uni per animosità contro del Cristianesimo, ed agli altri per l'alta idea, ch'essì ne hanno. Se i primi mostrat'han del disprezzo pe' Cartesj, pe' Malebranchj, pe' Newtonj, pe' Clarche, per gli Abbadie, pe' Pascal, pe' Bossuet, Outteville, ed altri, come mai Alcimo, che è inferiore a questi grand'uomini, potrà comparire, che e' ragioni con forza e precisione a Scrittori, da' quali, quando ei voglia porsi a combatterli, verrà da Fanatico trattato, o da sciocco? Quanto a que' Cristiani, che si dorranno di veder la causa loro debolmente difesa, purtroppo ne sente Alcimo l'eccellenza, e non può non gemere con essoloro sopra quella avventurata impotenza di porre giammai l'apologia della Religione sullo stesso grado della sua dignità. Che se la lingua stessa degli Angioli sarebbe senz'energia favellando della Divinità, come mai l'eloquenza umana, avendo a ragionar della Religione, che è il lavoro più eccellente di Lei, potrebbe non balbettare del continuo? Alcimo per tanto di questa verità ben convinto non altramente, che que' Cristiani, che sono illuminati, gli priega a considerare, che questi Dialoghi fatti sono per Dorante, cioè per un giovane Ufiziale, il quale stato essendo nel Collegio de' principj del Cristianesimo nutrito, disgustato poscia entrando nel mondo delle massime di esso, solleticato da' piaceri, rattenuto da' rimordimenti, cammina con dubbio passo fra la Religione, che lo spaventa, e la incredulità, che lo invita. Quanta gioventù, e forse d'ambi i sessi, la qual trovasi in questa penosa situazione, e desidera come Dorante un lume, che le faccia conoscere il diritto e sicuro sentiero? Leggano ora sì fatte persone questi dialoghi senza timore delle spine di una Metafisica troppo raffinata. La noja del sillogismo appartiene ad una tesi, l'aridità della dialettica conviene alla controversia: ma in una conversazione si richiede un tuono di libertà. In una disputa onesta e libera, l'immaginazione varia i suoi giuochi, ed esce anco di strada facendo digressioni, le quali pur troppo sono buone, quando contribuiscono allo sviluppamento di rilevanti verità. Avvegnaché dal bollore della disputa esce spesse fiate quel lume, che vale ad illuminarci. L'errore è quel solo, che si maschera, e ci seduce. La verità sola, qualche volta lascia nell'intimo dell'animo una certa inquietudine e diffidenza; ma sien l'uno e l'altra posti al contrasto, ed ecco che la verità trionfa disvelando l'errore. Le ombre fanno spuntar la luce, e la falsa madre fa conoscer la vera. Laonde quel, che Arnobio dicea agl'Increduli del suo tempo, noi lo possiam dire a que' che ci sono d'attorno. Paragonate voi tutti Atei, Materialisti, Deisti, Spinosisti, paragonate le vostre ragioni colle nostre: ed un sì fatto contrasto vi farà ben sentire i vantaggj nostri sopra di voi e quanto superiori sieno i motivi, che attengono noi a G. C., a quelli, pe' quali voi v'appigliate a' vostri Filosofi. Si causas causis voluerimus aequare, magis nos valemus ostendere, quid in Christo fuerimus secati, quam quid vos in Philosophis. Arnob. lib. 2». Louis Guidi, nacque a Lione nel 1710 da una famiglia di origini italiane. Prete della Congregazione dell'Oratorio, si avvicinò alle posizioni degli appellanti alla bolla Unigenitus Dei Filius di papa Clemente XI, divenendo un esponente del giansenismo francese. Tra i redattori della rivista Nouvelles ecclésiastiques ou mémoires pour servir à l'histoire de la constitution Unigenitus, fu autore di scritti a carattere religioso, alcuni dei quali dedicati al dibattito tra cattolicesimo e protestantesimo nella Francia del suo tempo. Morì a Parigi nel 1780. Il suo poema La France au Parlement, scritto antigesuita pubblicato intorno al 1760, risultava ancora tra i libri proibiti nell'Index Librorum Prohibitorum 1600-1966. Giuseppe Antonio Cornaro, nacque nel 1725, non si sa se a Bergamo o a Venezia. Insegnò per diversi anni lingua latina nel seminario di Bergamo, dove, nel 1755, conscio di quali fossero le difficoltà di apprendimento degli adolescenti, compose una Grammatica della lingua latina, in polemica coi grammatici pedanti e le loro «intralciatissime regole». Iniziò presto a frequentare il circolo giansenista bergamasco, pratica che, forse, fu causa, nel 1756, del suo trasferimento alla parrocchia di Villongo San Filastro, dove rimase per trentacinque anni, dedicandosi all'impegno pastorale, senza tuttavia trascurare gli studi teologici. Corrispondente di esponenti del giansenismo italiano della seconda metà del Settecento, si specializzò, grazie anche alla sua ottima conoscenza della lingua e della letteratura francesi contemporanee, nella traduzione dei principali testi dei seguaci di Port-Royal. Fu autore di alcuni scritti a carattere religioso. Morì a Villongo San Filastro nel 1791.