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Libri antichi e moderni

Govoni, Corrado

Rarefazioni e parole in libertà

Edizioni futuriste di Poesia (Tip. A. Taveggia),, 1915

2800,00 €

Pontremoli srl Libreria Antiquaria

(MILANO, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1915
Luogo di stampa
Milano,
Autore
Govoni, Corrado
Pagine
pp. 50 [6].
Editori
Edizioni futuriste di Poesia (Tip. A. Taveggia),
Formato
in 4°,
Edizione
Edizione originale.
Soggetto
Futurismo Poesia Italiana del '900 Libri Illustrati e d'Artista
Descrizione
brossura beige con titoli impressi in sanguigna al piatto anteriore (indicazione di prezzo e di migliaio al posteriore),
Prima edizione

Descrizione

LIBRO Edizione originale. Più che buon esemplare, quasi ottimo, piuttosto fresco e pulito all’interno, con minime tracce di sporco in copertina (una gora d’inchiostro tocca la seconda «O» del nome dell’autore in copertina), con alcuni circostanziati difetti (strappetto fermato senza perdite al bordo esterno dell’ultima carta; forellino regolare di 2 mm diametro al taglio alto che degrata dall’ultima carta fino a sparire dopo p. 25); indicazione di «3° migliaio» in quarta di copertina. Uno dei vertici poetico-artistici del futurismo parolibero: «… Il risultato più alto del paroliberismo figurativo futurista», secondo Ester Coen; e per Eugenio Montale «… si ha la netta impressione che il Govoni occasionalmente marinettiano, il Govoni jongleur di immagini sia stato non solo il più rappresentativo ma il più poeticamente vitale» dei futuristi. Nella sezione «Rarefazioni» sono proposte riprodotte “e manuscripto” tavole dove disegno e parole in libertà convivono all’insegna di un voluto e simulato tratto infantile; nella sezione «Parole in libertà» è invece il virtuosismo tipografico a prevalere sul disegno, con alcune delle composizioni parolibere meglio riuscite e più famose della prima stagione futurista. A proposito delle «Rarefazioni» Claudia Salaris ha coniato la definizione di «analogie disegnate che traduc[ono] le immagini poetiche in figurazioni rarefatte, cioè libere dalla zavorra della sintassi e della retorica» (p. 194). -- Corrado Govoni, riconosciuto precursore del crepuscolarismo dei vari Gozzano, Palazzeschi, Corazzini, Moretti, era stato uno dei primi poeti a consegnare piena adesione al futurismo dopo il lancio del manifesto nel 1909; già collaboratore di «Poesia», affidò la sua opera per qualche anno in esclusiva a Marinetti, che divenne senz’altri il suo editore. Tra 1914 e 1915 si consuma tuttavia il divorzio tra «lacerbiani» e futuristi: il movimento perdeva esponenti del calibro di Palazzeschi, che assieme ai fiorentini e alla rinnovata «Voce» di De Robertis andava a costituire un polo di grande attrattiva; in questo contesto incerto e instabile, Govoni aveva già concluso la raccolta che sarà «Inaugurazione della primavera», pubblicata dopo i tentennamenti di Marinetti proprio con «La Voce» derobertisiana; e sta elaborando la sua idea delle parole in libertà (delle quali almeno una, Campana di chiaro di luna, venne proposta in prepubblicazione alla rivista fiorentina). -- Al poeta ferrarese non era sfuggita la profonda e «sconcertante» rilevanza della nuova strada aperta dallo Zang tumb tuuum marinettiano: «… ricevo col più grande piacere il tuo stranissimo sconcertante e affascinante libro che ti pone al di sopra di tutte le letterature. È innegabile che tu porti nella poesia dei valori nuovissimi … e che apri … un meraviglioso orizzonte inesplorato che noi oscuramente presentivamo ma che non avevamo la forza di conquistare», scriveva a Marinetti il 10 maggio 1914. Osservando questo «orizzonte inesplorato» Govoni concepiva un progetto radicale, destinato nelle intenzioni addirittura a spingersi oltre le «solite forme di mattonelle che caratterizzano i libri»: «… il libriccino … l’ho intitolato organetto e ti dico quello che avevo pensato riguardo all’edizione. Di … dare alle pagine interne il formato a compartimenti che si apre e si chiude come quello di un organetto. … La copertina anteriore [dovrebbe] portare oltre una piccola fettuccia di seta rossa [e] a mo’ di manico una fila di bottoni di madreperla per dar l’idea della tastiera dell’organetto. … Così la forma odiosa e odiata del libro solito sarebbe totalmente soppressa. | Perché non fare dei libri che si aprano come organetti macchine fotografiche ombrellini ventagli?» (11 gennaio 1915, a Marinetti). Marinetti editore, tuttavia, non contemplava il «libro d’artista»: il progetto marinettiano nasceva in aperta opposizione alla circolazione chiusa del libro nei circuiti letterari, e in maniera molto evidente non prendeva in considerazione neppure l’elitarismo d’avanguardia insito nel progetto govoniano di «anti-libro» — idea peraltro in discussione in quel momento nel cenacolo dei «fiorentini», e concretizzatasi per esempio nel «Bïf§ZF» di Ardengo Soffici. La raccolta parolibera di Corrado Govoni viene dunque pubblicata con una semplice brossura in carta di grammatura appena superiore a quella usata per la stampa; la legatura è a doppio punto metallico, la più economica possibile, e — dulcis in fundo — il formato è quello dell’in quarto, superiore all’usuale in sedicesimo delle Edizioni di «Poesia»: non la «solita forma di mattonella» ma di certo nemmeno il libriccino a soffietto che aveva in mente il poeta ferrarese. Un bell’esempio della determinazione e della ‘forza tranquilla’ del Marinetti editore. Bibl.: Cammarota, Futurismo, 249.9; Echaurren, Futurcollezionismo, pp. 51-54