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Libri antichi e moderni

Castelvetro, Lodovico

Ragione d’alcune cose segnate nella canzone d’Annibal Caro ‘Venite al’ombra de gran gigli d’oro’

s.n. [Cornelio Gadaldini il vecchio],, 1559

800,00 €

Pontremoli srl Libreria Antiquaria

(MILANO, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1559
Luogo di stampa
S. l., [Modena],
Autore
Castelvetro, Lodovico
Pagine
cc. [4] 116.
Editori
s.n. [Cornelio Gadaldini il vecchio],
Formato
in 4°,
Edizione
Edizione originale.
Soggetto
Letteratura Antica
Descrizione
legatura moderna in piena pergamena, al dorso titoli stampati,
Prima edizione

Descrizione

LIBRO Edizione originale. Leggero alone al margine superiore delle ultime carte, altrimenti ottimo esemplare, molto fresco e marginoso. La vita di Lodovico Castelvetro (1505-1571), letterato modenese, fu segnata dalla persecuzione per eresia, che lo condusse in Svizzera, all’interno di ambienti riformati a lui favorevoli. Nelle intricate vicende che lo videro contrapposto all’Inquisizione, si inserisce la disputa, feroce, con Annibal Caro, nata da questioni eminentemente letterarie ma sfociata poi in esplicite accuse di eresia. Quando Caro pubblica nel 1553 «Venite all’ombra dei gran gigli d’oro», canzone encomiastica rivolta al casato regnante di Francia, i Valois, Castelvetro muove, in forma privata, alcune critiche. Il suo scritto però circola, giunge nelle mani di Caro e scoppia la polemica. Caro replica con l’«Apologia degli Accademici di Banchi di Roma» (Parma 1558), che contiene pesanti ingiurie contro Castelvetro. Quest’ultimo risponde, a soli quarantacinque giorni dall’uscita dell’«Apologia», con le «Ragioni d'alcune cose segnate nella canzone d'Annibal Caro» qui presentate. Al di là dei fatti letterari, «Il contrasto col Caro in fondo si riduce all'opposizione di due identità strutturalmente similari ma storicamente dislocate in situazioni diverse: l'accademia cortigiana di Roma, con il sentore di un potere dispotico e privo di scrupoli che aleggia nel pontificato farnesiano, si scontra, perché messa in discussione nella propria autorevolezza, con la grintosa intellettualità riformata, che, in nome di un razionalismo critico, tende a riformulare il principio d'autorità, partendo da una rinnovata concezione della letteratura, dell'arte come scienza. La posta in gioco è quindi rilevante e questo spiega la disparità tra il pretesto del contrasto e le reazioni polemiche che ne seguono a catena: e spiega anche la durezza dello scontro». (Dizionario Biografico degli Italiani, s.v. Castelvetro). Cfr. Melzi, G. Dizionario di opere anonime e pseudonime, vol. 2., p. 407; Le cinquecentine della Biblioteca Panizzi, p. 73.