13,2×8,7 cm; 2 tomi in un volume: (8), 253, (1) pp. e una c. di tav. fuori testo, (4), 188 pp. Bella legatura ottocentesca da amatore in pelle nera con titolo e filettatura in oro al dorso, un leggero difetto alla cerniera anteriore. Cornice in doppio filetto in oro ai piatti e tagli riccamente dorati. Nel complesso in buone-ottime condizioni di conservazione. Allinterno in perfette condizioni di conservazione. Edizione fra le prime e meno comuni delle due principali opere del grande letterato, scrittore, poeta e patriota italiano, originario di Saluzzo, Silvio Pellico. Bellissimo ritratto di Pellico, protetto da velina coeva, allantiporta. Un solo esemplare censito in ICCU. La Librairie de Montarsolo, stampò, nello stesso anno, unedizione in francese in tre tomi. Esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione in bella legatura amatoriale e dalle pagine fresche e pulite. Rarissima edizione delle due principali opere del grande scrittore, poeta e patriota italiano, Silvio Pellico (Saluzzo, 25 giugno 1789 Torino, 31 gennaio 1854). A proposito delle Mie Prigioni, scrive Stefano Verdino nel suo Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 82 (edito nel 2015): Mentre il 9 maggio 1831 sconsigliava a Maroncelli, esule a Parigi, di pubblicare «una relazione sui martiri dello Spielberg» (Pedraglio, 1904, p. 187), intraprese Le mie prigioni incoraggiato da Balbo e stimolato dal suo direttore spirituale Giovanni Battista Giordano (1755-1836), curato della chiesa di S. Rocco. Decisivo, per la stampa, fu lintervento del guardasigilli conte Giuseppe Barbaroux, come riconobbe lo stesso Pellico: «Egli lesse il mio manoscritto, sorrise degli scrupoli politici della Revisione, e dando la sua approvazione, monorò di parole di stima, e disse chio aveva fatto un libro cristiano e lodevole» (Lettere famigliari inedite, a cura di C. Durando, I, Torino 1876, p. 470). Il 1° settembre 1832 Pellico rilasciò a Giuseppe Bocca, «libraio di S.M.», ricevuta di «lire nuove di Piemonte Nove Cento» (Parenti, 1952, p. 39) per la proprietà integrale e perpetua del suo manoscritto. Ne derivò una questione filologica, poiché nessuna stampa fu licenziata da Pellico: già la prima nel novembre 1832 uscì con dei tagli; proliferarono, inoltre, edizioni pirata e pasticciate, dato lenorme successo del libro. Scriveva a Balbo il 19 novembre 1832: «Ma sia quella specie di favore che il pubblico ebbe sinora per me, sia la curiosità che naturalmente mettono le narrate vicende dun così detto Carbonaro, sieno queste od altre ragioni, il libro in questi primi giorni si vende a furia. Se non minganno, piace ai più. Se nadirano tuttavia parecchi: e sono gli ultra-liberali, ed alcuni della parte opposta. [
] Ed io che fo? Ascolto in pace il bene e il male, come se il libro non fosse mio, e persisto a sperare che non sia interamente libro disutile al nostro paese» (Epistolario, Firenze 1856, p. 95). Ne inviò, con dedica («hommage de la respectueuse reconnaissance»), una copia anche al principe di Metternich, che il 10 gennaio 1833 in un dispaccio al conte Charles-René de Bombelles notava acutamente: «Cè senza dubbio molta arte nella semplicità e nella moderazione con le quali questo libro è scritto; e per questo esso è ancor più pericoloso per dei lettori i quali, non trovandovi alcuna menzione del crimine compiuto, saranno indotti a vedere nel prigioniero dello Spielberg un martire politico, vittima di un potere dispotico. Confesso che mi riesce difficile comprendere come mai la Censura a Torino ha così mal valutato leffetto che doveva immancabilmente produrre questa pubblicazione. Ma ormai è troppo tardi per cercare di rimediare al male che è stato fatto» (Saluzzo e Silvio Pellico nel 150esimo de Le miei prigioni, a cura di A.A. Mola, 1984, p. 25).. Rif. Bibl.: IT\ICCU\LO1\1403389.