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Libri antichi e moderni

Cervi, Annunzio

Le cadenze di un monello sardo

Libreria della Diana (Tipografia Avolio),, 1918

2000,00 €

Pontremoli srl Libreria Antiquaria

(MILANO, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1918
Luogo di stampa
Napoli,
Autore
Cervi, Annunzio
Pagine
pp. 93 [7].
Editori
Libreria della Diana (Tipografia Avolio),
Formato
in 16° (195 x 130 mm),
Edizione
Prima edizione.
Soggetto
Futurismo
Descrizione
brossura giallo pallido con piccole unghiature stampata in nero ai piatti e al dorso; titolo in marrone al piatto anteriore; catalogo di libri dell’autore in preparazione alla quarta di copertina;
Prima edizione

Descrizione

LIBRO Prima edizione. Ottimo esemplare, fresco e pulito all’interno e integro alla copertina (normali lievissimi segni del tempo): condizione molto rara per questo tipo di libro. Rarissima opera prima poetica. L’autore cadde in battaglia sul monte Grappa nell’ottobre 1918, a soli ventisei anni, pochi mesi dopo aver dato alle stampe il volumetto e pochi giorni prima della cessazione delle ostilità. Solo all’occhietto compaiono le date tra parentesi «1915-1917», che alcuni bibliografi integrano sulla riga del titolo. Notevole raccolta di poesie di grande sperimentalismo, con numerosi soluzioni futuriste (es. inserti di cartellonistica a inframmezzare il dettato poetico) e versi paroliberi, «. che Ungaretti le[sse] attentamente» (Diz. Fut. p. 262b). «Dal ridotto corpus della sua opera, al di là delle più evidenti analogie, sicuramente con Ungaretti ma anche con Palazzeschi, si ricava l'immagine di una ricerca già chiaramente orientata nel senso del nuovo [.]. Che operino però spesso congiuntamente suggestioni crepuscolari e più schematiche indicazioni futuriste, non significa che non siano apprezzabili esiti di tutto rilievo e che non si evidenzi una cifra stilistica personale» (Merola, voce del DBI). Annunzio Cervi, sassarese naturalizzato napoletano, fu uno degli ultimi allievi del grande Michele Kerbaker, scomparso nel settembre 1914; dai suoi studi di filologia medievale il poeta acquisì il vezzo a usare in chiave sperimentale «termini che sembrano inventati, ma vengono […] dal serbatoio della lingua italiana tra il finire del medioevo e il Cinquecento» (Tanchis e Pusceddu, p. 24), con esiti di grande modernità e godibilità linguistica. -- Il ‘lascito’ cerviano — a lungo incasellato in una dimensione di poeta/martire, molto parziale, e che solo da poco si incomincia a rileggerein più ampie sfaccettature, come dimostrano le edizioni Chella 2016 e Tanchis-Pusceddu 2018 — giunse inaspettatamente fino ad Antonia Pozzi. Come è noto, la poetessa milanese ebbe un’appassionata e tormentata storia d’amore proprio con il fratello minore di Annunzio, Antonio Maria Cervi, colto professore di latino e greco e insegnante carismatico al Liceo Manzoni di Milano: «Molto evidente nelle prime composizioni di Antonia Pozzi è l’influsso della produzione poetica di Annunzio Cervi, le cui opere le erano evidentemente note attraverso Antonio Maria, che, per quanto schivo, tanto all’interno della scuola quanto al di fuori di essa, era solito parlare molto del proprio fratello e della sua poesia. […] È possibile citare esempi sia delle derivazioni più banali che di quelle più innovative del poeta sassarese nella prima produzione della Pozzi» (Bernabò, Per troppa vita, p. 89-s). In realtà, come hanno dimostrato Tanchis e Pusceddu, il fratello morto di Antonio Cervi, il poeta martire di cui Antonio accusava così tanto l’ingiusta mancanza, fu una vera e propria chiave della storia d’amore tra i due, un sottotesto costante e pervasivo nell’appassionata relazione. Cammarota, Futurismo, 106.5; Id., La Libreria della Diana & C., n. 67; Chella, Cervi: Le cadenze (Genova 2016); Tanchis e Pusceddu, Cervi: Le cadenze e altre liriche e prose (Milano 2018)