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Libri antichi e moderni

Bove Francesco

La umanità sventurata ed il Governo italiano. Parole a pro del Grande Ospedale degl'Incurabili in Napoli

Stabilimento Tipografico di Antonio Metitiero, 1867

60,00 €

Gilibert Galleria Libreria Antiquaria

(Torino, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1867
Luogo di stampa
Napoli
Autore
Bove Francesco
Editori
Stabilimento Tipografico di Antonio Metitiero
Soggetto
Sud Italia, Napoli e Campania, Medicina e sanità pubblica
Sovracoperta
No
Stato di conservazione
Accettabile
Lingue
Italiano
Copia autografata
Print on demand
No
Condizioni
Usato
Prima edizione

Descrizione

In-8°, pp. 122, (2), brossura editoriale verde pistacchio con titolo entro filetto con fregi accantonati e dedica autografa del Bove: 'Al distinto Avv.to Signor Cesare Norsa in attestato di profonda stima l'Autore'. Il dedicatario, Cesare Norsa (mantova, 1831-Milano, 1890), fu a sua volta illustre avvocato e giurista. Dorso restaurato, reintegrazione di una mancanza al margine inferiore del piatto di tergo. Aloni al margine superiore delle ultime pp. Un piccolo foro con perdita di alcune lettere di testo alla pag. finale di indice. Discreto esemplare. Prima e unica edizione. Puntuale resoconto giuridico, economico e sanitario della questione dell'Ospedale degli Incurabili di Napoli. Il Bove (Paolise, Benevento, 1803-Napoli, 1884) fu celebre avvocato nel Foro napoletano e deputato per il collegio di Montesarchio al Parlamento dalla IX alla XII legislatura del Regno d'Italia. 'Fin dalla adolescenza, mostrò spirito ribelle all'imperante oppressione politica. I primi concreti rapporti di polizia sul suo conto, risalgono al gennaio-febbraio 1848 quando strappata a Ferdinando II Borbone la Costituzione, il Bove esercitò un'attiva propaganda liberale nella Valle Caudina. Dopo l'episodio del 15 maggio di quell'anno, aderi al programma mazziniano sostenuto in Montesarchio da Giuseppe M. de Ferrariis. Aveva con altri, già fondato in Napoli quel Circolo costituzionale dove fra le accese discussioni sull'incerta situazione politica e sull'operato dei ministri, dominò il suo spirito equilibrato e la sua facondia di avvocato. Con Felice Barilla si prodigò per frenare pericolose intemperanze liberali che avrebbero peggiorata la già compromessa causa della libertà, ma non si ritrasse quando la plebe napoletana aizzata da agenti borbonici inscenò 'manifestazioni sanfediste'. Non sfuggi, pertanto, alla reazione regia e più volte le prigioni di S. Maria Apparente si aprirono per lui, ma non mai si chiusero su i suoi ideali di libertà che ebbero il loro appagamento nel 1860. Nel settembre di quell'anno, Garibaldi gli affidava il governo di due istituti femminili, il Ritiro di Mondragone e il Convitto del Carminiello in Napoli, che versavano in deplorevole abbandono. Nel 1861 collaborò con Pasquale Stanislao Mancini e Raffaele Conforti, al riordinamento politico e civile delle province meridionali; fu commissario per l'attuazione del plebiscito e sagace consigliere nei provvedimenti legislativi del periodo della Luogotenenza. Eletto deputato nel 1865 per il Collegio di Montesarchio (fu riconfermato sino al 1876), sedette su i banchi di sinistra, cioè di quell'opposizione liberale progressista al cui programma rimase tenacemente fedele, combattendo fra l'altro, l'esoso imperversare del fiscalismo e le esorbitanze governative. La sua laboriosa professione di avvocato non gli ostacolò 'il culto per la Musa', né l'ostacolarono le meditate allegazioni in materia civile (oltre 28 volumi) e nè le non meno accurate relazioni alla Camera dei Deputati durante l'esercizio del mandato parlamentare.' (Alfredo Zazo in Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli, 1973).
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