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Libri antichi e moderni

Fogliadini Emanuela

La Chiesa di Chora.L'Ultimo tesoro di Bisanzio

Ancora edizioni, 2023

100,00 €

De Bei Libraio

(Preganziol, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
2023
ISBN
9788851427658
Luogo di stampa
Milano
Autore
Fogliadini Emanuela
Pagine
310
Volumi
1
Editori
Ancora edizioni
Edizione
prima edizione
Descrizione
nuovo
Descrizione
Rilegato
Stato di conservazione
Nuovo
Lingue
Italiano
Prima edizione

Descrizione

Chiesa di San Salvatore in Chora Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Chiesa di Santa Maria della Fonte StatoBandiera della Turchia Turchia RegioneMarmara LocalitàIstanbul Coordinate41°01'52?N 28°56'21?E Religionecristiana greco-ortodossa TitolareCristo Salvatore Stile architettonicobizantino Inizio costruzioneV secolo Modifica dati su Wikidata · Manuale La chiesa di San Salvatore in Chora (un tempo turco: Kariye Müzesi; Museo di Chora e oggi Kariye Camii; Moschea di Chora) è considerata uno dei più importanti esempi di architettura bizantina sacra ancora esistenti. L'edificio, nato come chiesa ortodossa, è situato nel distretto occidentale di Istanbul, detto Edirnekapi. Nel XVI secolo la chiesa fu trasformata in moschea dai Turchi Ottomani, e divenne museo statale nel 1958. L'interno è decorato con mosaici e affreschi, considerati fra le massime espressioni dell'arte bizantina. Indice 1Storia 2L'edificio 2.1Decorazione interna 3Note 4Altri progetti 5Collegamenti esterni Storia La chiesa fu edificata in origine, nel V secolo, fuori dalla prima cinta di mura di Costantinopoli (le mura di Costantino, costruite nel IV secolo). Il nome greco della basilica è ? ? ? ? ? ? ? ? (he Ekklesia tou Hagiou Soteros en te Chora, "chiesa del Santo Salvatore fuori città"), en te Chora significa letteralmente «in campagna». Quest'ultima locuzione divenne poi il nome della chiesa. Quando furono costruite le mura teodosiane tra il 413 e il 414, la chiesa si trovò inserita entro il sistema difensivo della città ma mantenne il nome di Chora. Il termine, infatti, può aver preso un significato di tipo spirituale: chora, assimilabile al grembo della Vergine, come suggerisce un'epigrafe sul mosaico del nartece: «Luogo d'incarnazione di Dio Incommensurabile». La maggior parte dell'alzato oggi visibile data tra il 1077 e il 1081, quando Maria Ducas, suocera di Alessio I Comneno, fece ricostruire la chiesa con pianta a croce greca inscritta, stile comparso nell'XI secolo, che servirà da modello alle chiese ortodosse fino al XVIII secolo. All'inizio del XII secolo subì ingenti danni, forse a causa di un terremoto. Fu ricostruita da Isacco Comneno, terzo figlio di Alessio. La chiesa assunse la forma attuale con l'ultima ristrutturazione di due secoli più tardi. Il potente logoteta Teodoro Metochite arricchì la decorazione interna con mosaici e affreschi, tra il 1315 e il 1321, creando una tra le migliori testimonianze della rinascenza paleologa. Dopo la conquista ottomana, la chiesa fu trasformata in moschea nel 1511 da Hadim Ali Pascià, gran visir di Bayezid II. A causa della contrarietà islamica nei confronti della rappresentazione di figure umane, i mosaici e gli affreschi furono ricoperti di calce, ma non distrutti. Nel 1948, Thomas Whittemore e Paul A. Underwood, del Byzantine Institute of America e del Dumbarton Oaks Center for Byzantine Studies, hanno sponsorizzato un programma di restauro dell'edificio, che per alcuni anni restò chiuso al culto. Nel 1958 esso fu infine trasformato in museo. Il 21 agosto 2020 un decreto del presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha confermato la sentenza del Consiglio di Stato del 19 novembre 2019 che ha annullato la decisione con cui fu istituito il museo. Così la chiesa sarà nuovamente riaperta al culto islamico, con la conseguente copertura dei mosaici cristiani[1]. L'edificio Col. A 16 Language : Italian text
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