Dettagli
Anno di pubblicazione
1626
Luogo di stampa
Mediolani,
Soggetto
LETTERATURA SCOZIA SATIRA MILANO STAMPATORI ROMA
Descrizione
In 8° piccolo (14×8 cm); 647, (37) pp. Legatura coeva in piena pergamena molle con titolo manoscritto al dorso su pecetta settecentesca. Qualche lieve segno del tempo, un leggerissimo alone, praticamente invisibile, al margine alto ed esterno di alcune pagine e nel complesso, esemplare in buone condizioni di conservazione. Bellissimo frontespizio inciso con nel margine basse la marca tipografica di Giovanni Battista Bidelli, gatto con in bocca un topolino che riprende la marca tipografica cinquecentesca di Giovanni Battista Sessa. Bell'edizione milanese stampata da Bidelli di questa classica opera del celebre poeta, scrittore e satirista scozzese di orientamento cattolico, John Barclay, anche noto in italiano come Giovanni Barclays e in francese come Jean Barclay (Pont-à-Mousson, 28 gennaio 1582 - Roma, 15 agosto 1621). Barclay visse a lungo a Roma all'interno dello stato pontificio. A Roma morì nel 1621 ed è tutt'oggi sepolto nella Chieda di Sant'Onofrio al Gianicolo. Figlio di un noto giurista cattolico appartenente alla piccola nobiltà, in giovane età scappò in Francia dopo il fallimento cattolico del tentativo d'usurpazione della corona Inglese. A diciannove anni scrisse la sua prima opera di un certo rilievo, un commento alla Thebais di Stazio. Alla morte di Elisabetta I, Giacomo VI restituì i beni confiscati antecedentemente ai cattolici e la famiglia di John rientrò in Inghilterra e qui risedette per alcuni anni prima di spostarsi nuovamente in Francia, dove, il giovane autore ottenne una cattedra di Diritto che gli permise di dedicarsi con tranquillità alla composizione letteraria. Entrato nella cerchia ristretta degli amici di Giacomo VI divenne frequentatore abituale della corte inglese. I suoi componimenti erano sempre pervasi di una forte verve satirica che lo portò più volte al centro di sferzanti polemiche. Nel 1616 si trasferì a Roma dopo che Papa Paolo V gli concesse benevolenza e protezione. Qui frequentò il mondo politico e letterario della capitale italiana stringendo una fraterna amicizia con Maffeo Barberini, il futuro Papa Urbano VIII. A Roma compose quella che è considerata una delle sue opere principali, l'Argeneide un'allegoria del conflitto religioso che vide contrapposti in Francia, Enrico III e Enrico IV che portò a diversi conflitti religiosi e politici come lo scandalo di Overbury. Di posizione realista, l'opera è chiaramente un invettiva anti-aristocratica dove il Re riduce il potere della nobiltà terriera a favore dell'interesse del "paese" che si incarna a sua volta nella figura stessa del re. L'opera, uscita per la prima volta nel 1621, ebbe uno straordinario successo e numerose edizioni in pochissimo tempo. Rif. Bibl.: IT\ICCU\CAGE\022827.