Dettagli
Anno di pubblicazione
1969
Luogo di stampa
Pieve di Soligo,
Editori
Tipografia Vincenzo Bernardi,
Soggetto
Poesia Italiana del '900
Descrizione
LIBROEdizione originale fatta stampare dall’autore.CON AUTOGRAFO.Ottimo esemplarecon annotazioni a penna dell’autore e dedica autografa a Piero Bigongiari. Conserva lettera autografa d’invio di Zanzotto a Bigongiari datata 15 novembre 1969 e la risposta del critico del 9 dicembre successivo.Composto nel 1969 e fatto stampare dall’autore nel mese di settembre dello stesso anno presso la tipografia Vincenzo Bernardi della natia Pieve di Soligo in soli cinquecento esemplari, questo poemetto radicalmente sperimentale, posto al confine – come dichiarò lo stesso Zanzotto - «tra un discorso che può seguire una certa logica e puro nonsense» in cui coesistono sbarco sulla Luna e test di Rorschach, è accompagnato da una altrettanto curiosa e radicale storia editoriale. Poeta “arruolato” da Mondadori fin dai primi anni Sessanta e nel 1969 reduce dal successo della raccolta «La Beltà» uscita un anno prima sempre per i tipi dell’editore milanese, Zanzotto scelse per questa plaquette la strada della produzione in proprio, in aperta e politica polemica con le logiche dell’editoria ufficiale. Una decisione a cui rimase a lungo fedele, resistendo alla richiesta di includere i versi di «Gli Sguardi i Fatti e Senhal» nell’antologia «Poesie 1938-1972» (Mondadori, 1973) e acconsentendo infine soltanto nel 1990 alla loro pubblicazione all’interno della collana mondadoriana «Lo Specchio». Un’opera importante per più ragioni, qui presentata nell’originale versione del settembre 1969 che al colophon riporta la significativa e ironica dicitura autografa: «Nessun diritto è riservato: magari da me si copiasse quant’io dagli altri ho copiato!». Conservate, nell’esemplare qui presentato pregiato da dedica del poeta a Piero Bigongiari, la lettera scritta da Zanzotto al critico toscano per accompagnare l’invio del libro - definito lavoro “quasi clandestino” - e la risposta di quest’ultimo (probabilmente una bozza, considerate anche le correzioni e le aggiunte al testo). Nella prima – datata 15 novembre 1969 -, il poeta trevigiano scrive: «Carissimo Bigongiari, ti unisco qui il mio più recente lavoro, che, come vedi, esce quasi clandestino. Inutile dirti dello “stato di necessità” in cui mi sono trovato, nel riprendere un tema vecchissimo e così spesso trattato. Spero solo che questo componimento possa in qualche modo interessarti, e che tu voglia scriverne qualcosa. – Affettuosamente tuo – Andrea Zanzotto – p.s.: Ti sarei grato se tu mi comunicassi l’indirizzo (se lo conosci) di J.M. Gardair. – A.». A stretto giro – 9 dicembre 1969 – ecco la lunga risposta di Bigongiari – che non manca di indicare l’indirizzo fiorentino di Jean Michel Gardair -, particolarmente attenta al rapporto tra forma e linguaggio: «Carissimo Zanzotto, ti ringrazio della plaquette che ti mostra al tuo meglio, mi pare: nella tua clandestina imprendibilità anche rispetto allo spartito che vuole orchestrato l’imprendibile. È dunque questo secondo grado dell’imprendibile che è tenuto in alto dal linguaggio apparentemente avvezzo alla sua mediazione. Ne nasce un regno bivalente, che mette in contatto mediazione e irrimediabile in modo poeticissimo: un regno in cui proprio la norma è ritorno di deformazione, e che informa proprio in quanto, e per quanto, deforma. Al limite della forma, si è anche al limite dell’informazione. Perché si potrebbe anche trarre la conseguenza: la forma è proprio quanto è informato, ma anche quanto non informa. (La forma è ciò che si mette a tacere dal linguaggio). La tua – questa – poesia, si direbbe che miri a mettere l’autore-lettore al luogo deputato della forma. La poesia ve lo sospinge con mani sottili (come una entraîneuse), come al luogo vivibile in cui esso dimostra di essere – cioè diviene – quello che è: (colui che non può più parlare, colui che è parlato). La poesia ne è informata, e tanto più quanto più si avvicina al “dato focale” che è l’autore-lettore: al dato focale del silenzio tentato da tutto il linguaggio che parla per sé. Scusami queste suggestioni: forse tirate via, forse sbagliate. Ma ti valgano a testimoniare l’affetto e la stima del tuo – Piero Bigongiari».
Edizione: edizione originale fatta stampare dall’autore.