576 pagine. 582 ill. colori, 316 ill. b/n. Cartonato con sovraccoperta. cm 21 x 29,7 x 2,9. gr 2300. Collana: Monografie. Commento dell'editore: REGNANTEM DESIDERIVM (C)VM CONIV(ge sva Ansa) ricorda l'iscrizione apposta sotto il ciclo di affreschi della basilica di San Salvatore di Brescia, che rappresenta episodi delle vite dei santi le cui reliquie erano deposte nella cripta. La lettura, proposta in questo volume da Flavia De Rubeis, smentisce quella precedente che interpretava le ultime lettere come THIRO HLV, con la prima parola nel significato di discepolo" e la seconda riferita al nome di un imperatore carolingio del IX secolo: Ludovico (il Pio, il secondo Ludovico?) o Lotario. Viene dunque sottratto anche l'ultimo appiglio a quanti, soprattutto nella storiografia d'Oltralpe, hanno sempre considerato affreschi e stucchi, quando non anche l'architettura, come un prodotto della rinascenza carolingia. Venticinque anni di ricerche stratigrafiche sulla chiesa conservata in alzato, oltre che su quella sottostante individuata da Gaetano Panazza con gli scavi del 1958-62, hanno dapprima permesso di ridisegnare le piante di entrambe e più recentemente, quando ricostituito un livello pavimentale si è riusciti finalmente a montare un ponteggio, di analizzarne le fasi di cantiere e di decorazione. Vincenzo Gheroldi è riuscito a dimostrare l'unitarietà del progetto, che aveva previsto fin dalla fase di costruzione un ciclo decorativo integrato di stucchi ed affreschi. Ne ha anche riconosciuto le similarità tecniche con le decorazioni di Santa Maria in Valle, un altro edificio di prestigio realizzato dalle medesime maestranze all'opera nel San Salvatore, come Hjalmar Thorp aveva ribadito fin dagli anni '60. L'attribuzione della chiesa a re Desiderio e alla moglie Ansa, confermata dalle datazioni radiocarboniche delle canne sulle quali sono stati stesi gli stucchi, dà ragione alle fonti, pur tarde, del monastero che ne fissavano la consacrazione al 28 ottobre del 763. Il contesto storico registra, in quell'anno, il successo della politica del re. Raggiunto un accordo con il papa Paolo I, ricevendone in cambio numerose reliquie di santi romani, ottiene anche l'omaggio del potente duca di Baviera Tassilone, che abbandona la tradizionale alleanza con il re franco Pipino. Desiderio cerca in quegli anni di affermarsi nella politica europea anche attraverso relazioni familiari, dando in sposa le figlie al duca di Benevento Arechi, a quello di Baviera Tassilone e al re dei Franchi Carlo. In questa strategia, la chiesa di San Salvatore si qualifica come monumento immagine e mausoleo della famiglia, con sepolture (sulle quali si sofferma Serena Strafella) predisposte fin dalla costruzione. In questa duplice veste doveva presentarsi come uno scrigno prezioso, adorno di decorazioni, suppellettili e oggetti d'ornamento, alcuni dei quali provenienti dal tesoro regio. Scomparsi gli oggetti mobili, tranne la croce di Desiderio che la storiografia anche recente, contraddicendo la tradizione monastica, attribuisce ad età carolingia, è il ciclo decorativo a testimoniarne l'eccezionalità. I contributi di John Mitchell e Bea Leal, che si aggiungono alle considerazioni di Monica Ibsen e di Stefania Tonni, ne rimarcano i rapporti con le produzioni artistiche omeiadi di Siria e Giordania della prima metà dell'VIII secolo. Secondo questa ipotesi, dopo il crollo di quell'impero avvenuto nel 750, artisti pregni di quella cultura sincretica (tra mondo costantinopolitano, persiano ed arabo) diffusa nelle regioni mediorientali, si sarebbero trasferiti nell'Italia settentrionale, contribuendo, direttamente o indirettamente, alle decorazioni di prestigiosi monumenti: oltre al San Salvatore di Brescia, Santa Maria in Valle di Cividale, San Benedetto di Malles (nella prima fase decorativa) e San Giovanni di Müstair, monastero questo fondato da Carlomagno nel 775, al ritorno dalla conquista del regno longobardo. Da questi contributi, oltre che dalla sequenza complessiva delle due chiese di San Salvatore, emerge dunque una narrazione su più registri, che ha come epicentro la chiesa, simbolo di una famiglia emergente che cerca di salvare se stessa e la nazione nel momento di crisi delle aristocrazie longobarde, seguita alla sconfitta di Astolfo, nel 756, ad opera del re franco Pipino. In un complicato gioco politico europeo, nel quale, dopo la rottura con Bisanzio seguita all'iconoclastia (726), il papa ha assunto un ruolo centrale consolidato alla metà del secolo dall'alleanza con i Franchi. E in un quadro culturale mediterraneo più complesso di quanto si voglia ammettere. Il "perenne ellenismo", tramandato dalla corte di Costantinopoli, alimenta dapprima le grandi costruzioni palaziali omeiadi e da queste perviene in Italia settentrionale a dar contenuti tecnici ed artistici alla committenza degli ultimi re longobardi, per infine offrire un contributo alle prime opere promosse da Carlomagno. L'attenzione posta sugli aspetti architettonici ed artistici della chiesa di San Salvatore non ha fatto peraltro dimenticare il grande complesso monastico del quale era il luogo più sacro. Affidato dalla coppia regale alla figlia Anseleperga, vi vennero concentrate cospicue proprietà fiscali, al fine di creare una solida riserva di beni sotto controllo familiare. Le ricerche, condotte dal 1980 al 1992, ne hanno parzialmente ricostruita la pianta. I resti architettonici e le sequenze palesano la grandiosità e l'articolazione del monastero fondato nella corte regia donata dal re Astolfo a Desiderio, prima che salisse al trono. Ne attestano altresì alcuni aspetti funzionali, quali l'impianto termale, le molteplici attività artigianali, in particolare quelle metallurgiche, e il grande cimitero sviluppatosi a sud della chiesa (sul quale si concentrano le analisi di antropologia fisica condotte da Alessandro Canci e Pamela Corsi). Nel monastero, sovente senza che se ne possa stabilire l'attribuzione ad uno specifico edificio, si trovavano anche numerosi elementi scultorei romani e altomedievali, studiati, rispettivamente, da Francesca Morandini e Monica Ibsen. I primi recuperati da monumenti antichi bresciani o fatti affluire da altre località per il cantiere desideriano, quelli altomedievali destinati alle numerose chiese erette all'interno del cenobio. Oltre un secolo di indagini e di restauri (sui quali si sofferma Renata Stradiotti) hanno reso la chiesa e il monastero di San Salvatore un punto di riferimento costante della storia dell'arte europea, al pari di Santa Maria foris portas di Castelseprio, altro sito Unesco dell'Italia Langobardorum nel quale sessant'anni di ricerche hanno portato a datazioni assai contrastanti (che oscillano tra VI e X secolo) del suo celebre ciclo di affreschi. In entrambe, i medesimi ricercatori, applicando metodi di analisi stratigrafica corroborati da datazioni assolute, hanno proposto nuove sequenze e cronologie. Conclusioni che altri studiosi potranno accettare, rivedere con altri strumenti di indagine, o reinterpretare. La narrazione storica, per quanto basata su osservazioni stratigrafiche, analisi tecniche, datazioni assolute, richiede infatti continue revisioni, arricchite di quelle domande e di quelle risposte che la rendono attraente per il pubblico contemporaneo. (Gian Pietro Brogiolo, Università degli Studi di Padova)"