LIBROEdizione originale.Esemplare numero 83 di soli 300, in ottime condizioni, con la colorazione in copertina particolarmente brillante e l’interno fresco e pulito; consueti restauri di rinforzo alla copertina, professionalmente eseguiti (velatura integrale in volta; interventi localizzati di rinforzo, con minime integrazioni, sull’unghiatura e al dorso muto); interventi di rinforzo a sanare brevi lacerazioni e fragilità ai bordi delle prime due carte e, analogamente, ma in maniera assolutamente localizzata e praticamente invisibile, ai bordi di alcune altre carte interne.«BÏF§ZF+18» è il più clamoroso tra i libri d’artista prodotto nel milieu del primo futurismo italiano. Nel biennio 1914-1916 le prescrizioni dei manifesti letterari marinettiani («La letteratura futurista» e supplemento; «L’immaginazione senza fili e le parole in libertà») cominciarono a dare i loro copiosi frutti: inaugura la stagione il capolavoro di Marinetti «Zang tumb tuuum», seguito nello stesso anno dai «Ponti sull’oceano» di Luciano Folgore (che si fregia di una copertina firmata da Sant’Elia); alzano la posta nel 1915 Carrà con «Guerrapittura», Buzzi con «L’Ellisse e la spirale», Govoni con «Rarefazioni», e Soffici «BÏF§ZF+18»; chiudono nel 1916 «Piedigrotta» di Cangiullo, «Equatore notturno» di Meriano e gli «Archi voltaici» di Volt — per attenersi ai principali. -- Ebbene, tra tutti questi il libro di Soffici appartiene a una categoria superiore. Anzitutto per il formato: «Le poche righe scritte da Mallarmé sul giornale come forma di pubblicazione moderna che potrebbe soppiantare il libro hanno egualmente sollecitato l’immaginazione dei futuristi. Nel 1915 Soffici riuniva le sue composizioni parolibere in un volume formato giornale. Le dimensioni dell’opera ne connotavano l’effimero e la modernità. Il formato del libro escludeva cioè che fosse inserito tra i volumi allineati in una biblioteca [.] prevedendo al contrario che l’opera andasse spiegazzata e gettata dopo l’uso esattamente come avviene per un giornale» (Lista, Le livre futuriste, p. 100c). -- Soffici è l’unico tra i grandi futuristi degli anni dieci a lavorare artisticamente e provocatoriamente sulla forma del libro, così che l’esistenza stessa della prima edizione di «BÏF§ZF+18», con il suo formato giornale quotidiano, si configura come gesto artistico. La copertina è «senza dubbio l’opera migliore realizzata da Soffici in questo campo di ricerca» (Lista ibidem). Il disegno non ha eguali tra i prodotti del primo futurismo. La copertina di «BÏF§ZF+18» rivela una magistrale composizione che gioca con gli assi ortogonali della pagina, forzandone e sfalsandone i confini creando un effetto mosso — movimento accentuato dalle prospettive diagonali del piano, pure esse esaltate e sfalsate — senza per questo rinunciare a un ordine geometrico che, nella confusione del frammento cubista, conserva intatta la piena leggibilità del testo. L’utilizzo rigoroso delle campiture di colore viene in un secondo momento disturbato ad arte tramite «interventi cromatici eseguiti a mano dall’autore» (Echaurren, Futurcollezionismo, p. 55) — e sono il magenta dai contorni irregolari a coprire il riquadro con collage nell’angolo alto esterno; il verde e il giallo sui riquadri in taglio basso-esterno. -- La ricerca esibita della frammentarietà (i margini al vivo, che tagliano arbitrariamente i riquadri e gli inserti collage), della casualità tipografica (i collage, filetti e riquadri interrotti e degradanti come scatole cinesi, il titolo «BÏF§ZF+18» — «Il titolo generale mi era stato suggerito da una di quelle bislacche combinazioni di caratteri e segni tipografici che risultano talvolta dalla loro disordinata discesa dal magazzino della linotype sul piombo di una riga, per un incantamento o un guasto momentaneo della macchina» (Soffici, Fine di un mondo, p. 791s.) — e delle “rovine’ tipografiche” (l’effetto ottico della sovrastampa sfalsata, l’utilizzo di filetti rotti o usurati, lo ‘sporco’ tipografico), configurano — con quarant’anni di anticipo — un’operazione artistica in tutto simile alle sperimentazioni del duo Debord-Jorn in «Fin de Copenhague» e Memoirs, 1957-1959. In una lettera del marzo 1916 a Emilio Cecchi, Dino Campana ironizzava sulla copertina di «BIF§ZF +18»: «Ho visto Bizzeffe di Soffici (che monumento. Eppure l’origine di Soffici è chiara. Da giovane era commesso di profumeria). Così ora si vede nei suoi colori falsi, le boccette sfaccettate (il suo cubismo) ecc. ecc. che non è mai stato altro che un volgarissimo commesso di profumeria» (Cacho Millet, «Souvenier d’un pendu», 1985, p. 138). -- L’interno è organizzato in una prima sezione in versi liberi avanguardisti, «Simultaneità», cui fa seguito la parte più evidentemente sperimentale, quella dei «Chimismi lirici»: tavole parolibere dove il dettato poetico, asintattico e disperso nella pagina in corpi tipografici i più diversi, è sovente affiancato a disturbi tipografici analoghi a quelli in copertina, con clichés pubblicitari, filetti tipografici usurati e altro materiale casuale — rumore di fondo — che «discende disordinato dalla linotype». Tra le tavole parolibere ce n’è una in particolare, «Tipografia», che è diventata un’icona dell’avanguardia tipografica internazionale e delle parole in libertà — anche se qui siamo più propriamente di fronte a una composizione visiva realizzata tramite caratteri tipografici. Uno stile che influenzerà tutti gli artisti dell’avanguardia storica, dai dadaisti ai costruttivisti: «In the following number of the review “Ma”, Lajos Kassák published “Typography”, a chaotic letter composition in black and red in which the motive of a hand with pointed finger [manicula], often used by Dadaists, also appears. Kassák created in a similar way some other collage, such as “Falak / Bruits” (1920?, one of his earliest attempts in visual art), which combined cut-outs from French and German newspapers with hand-designed letters. These works by the leader of the Hungarian avant-garde resembled the poem “Tipografia” published by Ardengo Soffici in his poetry book “BIF§ZF+18: Simultaneità e Chimismi lirici” (1915)» (De Puineuf, «Futurist Typography in Central Europe», in: IYFS n. 1, 2011, p. 72). -- E proprio la tavola «Tipografia» offre uno spunto per una più precisa collocazione temporale dell’edizione: in una lettera del 1° luglio 1915 a Giuseppe De Robertis, allora direttore della cosiddetta «Voce» bianca, Soffici scrive: «Ti rimando le bozze corrette pregandoti di stare attento e di far fare le modificazioni volute. Tanto per i caratteri quanto per il testo. Leggi attentamente le mie spiegazioni e falle capire a Biagi. Mi raccomando, pensa che per me la parte tipografica di questi chimismi è importante quanto quella poetica. Ti mando anche l’articoletto promesso che farai stampare come l’altro. Ti darò Tipografia per il prossimo numero. Metti le poesie di Campana [.]» (Del Puppo, “Lacerba” 1913-1915, p. 252 n. 146). L’autore invia le bozze di «Vita nuova e Chimismo lirico» («La Voce» n. 7/13), mentre pospone la pubblicazione di «Tipografia», che non avverrà più sulla Voce ma solo nel «BIF§ZF+18». «La composizione del volume, stante anche la notevolissima difficoltà della sua composizione tipografica, nonché della prevedibile penuria dell’approvvigionamento di carta dovuta alle restrizioni imposte dall’entrata in guerra dell’Italia, fu quindi completata soltanto tra gli ultimi giorni del dicembre 1915 e la prima settimana del gennaio 1916» (Cammarota, «Un capolavoro futurista di Ardengo Soffici», 2022, p. [5]), come si riscontra anche nei carteggi, dai quali merita citare almeno la lettera a Carrà datata il giorno di Natale in cui Soffici annuncia che «il libro è finito ma non ancora rilegato, te lo manderò nella prossima settimana» (Lettere 1913-1929, Milano 1983, p. 93). -- «Già nel 1919, le ultime copie del volume, in occasione della sua prima ristampa in 16°, erano state raddoppiate di prezzo, dalle originali 5 lire di copertina, fino alle 10 lire ritoccate su un talloncino a stampa in quarta di copertina; si pensi poi che lo stesso formato in folio da giornale quotidiano, rendeva davvero difficoltoso, se non quasi impossibile, conservare il libro in un normale scaffale di libreria o biblioteca, favorendone quindi la sua consunzione cartacea. Da ricordare infine che le copie sopravvissute, malgrado tutto, alle perdite e alle distruzioni di due guerre mondiali, finirono poi inevitabilmente sommerse dall’alluvione di Firenze del 1966, che colpì duramente anche un deposito storico della Vallecchi, situato sotto il livello della strada» (Cammarota, «Un capolavoro futurista di Ardengo Soffici», p. [6-7]).Cammarota, «Un capolavoro futurista di Ardengo Soffici», in allegato alla rist. anast. Macerata 2022, corregge sostanzialmente le registrazioni bibliografiche a oggi esistenti: Id., Futurismo, n. 449.4; Jentsch, I libri d’artista italiani del Novecento, n. 550; Echaurren, Futurcollezionismo, pp. 55-58; Salaris, Bibliografia del futurismo, p. 67a. Si vedano anche: Ead., Storia del futurismo (1992), pp. 66-67 figg. 57-58; Lista, Le livre futuriste, p. 105 n. 235; Fanelli & Godoli, Il futurismo e la grafica, cap. La tipografia futurista, tav. I n. 2 e p. 13 nn. 3-4; Italian Futurism (New York 2014), p. 36 fig. 15; Hulten, Futurismo & futurismi (1986), pp. 585-586 e 598