Primo dei tre volumi dell'opera, venduti separatamente. "Istituto di Studi Rinascimentali - Ferrara" - Brossura editoriale di 238 pagine; tavole di facsimili in bianco e nero fuori testo. Copia in condizioni di nuovo -- Una carriera esemplare, quella di Antonio Tebaldeo, riconosciuto leader di una stagione poetica e culturale tra Quattro e Cinquecento, maestro indiscusso, per decenni, di quella poesia chiamata «cortigiana» non solo per referenza ma per codice dì comunicazione. Tra Ferrara (ove nacque nel 1463, e ove fu al servizio degli Estensi) e Mantova (ove accompagnò in veste di precettore Isabella, nel 1490, per far ritorno a Ferrara nel 1500), ammirato, lodato, imitato, quando morì nel 1537, a Roma (punto d'approdo necessario per un letterato cortigiano in questo volgere di anni), era ormai dimenticato. In questa sua vicenda personale Tebaldeo diventa emblematico (in modo forte) protagonista della trasformazione più profonda del sistema letterario del Classicismo: nel senso che è in grado di rappresentare le posizioni più aperte e intelligenti del paradigma culturale cortigiano quattrocentesco, e soprattutto di documentare come la storia della nuova cultura compiutamente classicistica non sia un fatto generazionale, di giovani insoddisfatti dell'esperienza dei vecchi. Coetaneo di Pietro Bembo, assiste (e non partecipa) alla nascita del «libro di poesia», alla fondazione del codice non solo linguistico, al trionfo del nuovo Petrarca restaurato e della nuova poesia lirica che dispiega il vessillo del suo nome, il petrarchismo. Tebaldeo è infaticabile, fecondo, felice scrittore di tanti, tantissimi testi poetici, d'amore e d'occasione, come si conviene al buon poeta cortigiano: testi letti, trascritti, stampati con voracità formidabile sin verso il fatidico 1525. Poi destinati all'oblio, troppo presto fuori moda, spiazzati e di colpo resi antiquati. Non riesce neppure a organizzare in un insieme organico e unitario una selezione di questa sua sterminata scrittura poetica, che resta consegnata a una serie impressionante per numero e densità di stampe e di manoscritti. Lavora accanitamente a rivedere, correggere, aggiornare la sua opera, si sforza di seguire il mutamento in atto, di restare sull'onda. Ma non vi riesce. Per questo la sua esperienza è tanto più esemplare: perché consente di ripercorrere al rallentatore di una serie infinita di microeventi testuali la dinamica appassionante di anni capitali nella storia della cultura rinascimentale. Proprio perché la sua resta sostanzialmente l'esperienza di un poeta cortigiano, anzi, del più grande e rappresentativo tra tutti i poeti cortigiani. Poeta senza «libro», almeno sino a questa complessa e monumentale edizione, che se prevede come imminenti due volumi (dedicati alla «vulgata», il primo, e alle rime «estravaganti», il secondo), vuole già offrire con questo primo volume, insieme con tutti gli adeguati strumenti, la mappa della presenza delle rime del Tebaldeo nella tradizione manoscritta e a stampa, e ne ricostruisce intanto le consuetudini linguistiche e lo stesso travaglio stilistico.