Pensiero estemporaneo, datato “Napoli 30/1/1891, su frammento di pagina (mm 220×90) di “liber amicorum”, manoscritto a inchiostro nero. Due righi oltre la data e la firma. Onorato Fava [Collobiano, Vercelli 1859-Napoli 1841]. Scrittore e giornalista, napoletano di adozione. Il padre, maestro elementare e autore di alcuni scritti di argomento scolastico, si trasferi nel 1865 con la famiglia a Napoli. Qui il F. compì tutti gli studi, frequentando dapprima il r. istituto tecnico (in cui ebbe a compagni Roberto Bracco e Armando Diaz), e in seguito l’università, ove, laureandosi in lettere, ebbe modo di seguire le lezioni di F. De Sanctis, L. Settembrini e A. Tari. Nonostante vincesse vari concorsi a cattedre nelle scuole medie del Regno, non volle mai lasciare la città partenopea; ottenne dapprima un posto presso la direzione del Banco di Napoli, e fu poi, professore di lettere italiane nelle scuole medie statali della città partenopea. Il F. manifestò precocemente gli interessi letterari che lo accompagnarono tutta la vita. Nel 1877, ancora studente, era corrispondente della rivista parigina La Muse e dirigeva il giornale della sua scuola, Lo Studente. Nella palestra dei periodici studenteschi e giovanili si formava la nuova generazione di scrittori napoletani, cui il F., apparteneva per formazione. Ogni scuola aveva il suo periodico: il liceo “Vittorio Emanuele” Il Liceo (diretto da S. Di Giacomo), il liceo “Genovesi” Il Giovane Scrittore (diretto da G. Buonanno). Lo stesso F., rievocando quelle vicende, ricordò le molte testate sorte in quell’epoca: Juvenilia, L’Occhialetto, Fortunio, Idea, un settimanale “su carta rosea” da lui fondato insieme con L. Conforti e P. De Luca, e infine il Fantasio, fortunato periodico diretto da S. Di Giacomo, V. Pica, R. E. Pagliara e F. Stendardo, indicato in seguito da B. Croce come il più “notevole” di quelli ed altri fogli. Nel 1890, assieme a Benedetto Croce, fondò la “Società dei Nove Musi”, cenacolo di intellettuali e amici che nacque nella libreria di Luigi Pierro (1843-1917). Della Società facevano parte, oltre a Croce e Fava, l’economista e politico Francesco Saverio Nitti, il poeta e orientalista Francesco Cimmino, il critico d’arte Vittorio Pica, il giornalista e scrittore Carlo Petitti, lo storico Michelangelo Schipa, l’avvocato e direttore de Il Pungolo Michele Ricciardi e l’archeologo Vittorio Spinazzola. Nel 1892 entrò a farne parte anche un vecchio compagno di collegio di Croce, lo storico e scrittore Giuseppe Ceci. La nuova entrata fu celebrata col distico “Al grato arrivo di Peppino Ceci / i Nove Musi diventarono Dieci“. Collaboratore di un’infinità di giornali, periodici e quotidiani. Il suo nome compare in molte testate campane (il Corriere del mattino, il Corriere di Napoli, La Vita napoletana, Convito, Fortunio, Cronaca napoletana, Cronaca partenopea, Rivista letteraria, La Rivista nuova, La Tavola rotonda, Masaniello). A parte occasionali prove poetiche, il F. si realizzò pienamente come narratore e bozzettista sentimentale e moraleggiante, rifiutando istintivamente i paesaggi sociali e le durezze espressive del realismo francese e del verismo (cui inizialmente si ispirò, sia pure attraverso la mediazione dei veristi napoletani), come lascia intendere lo stesso Verga nella lettera dell’83 che il F. pubblicò come prefazione alla fortunata raccolta di novelle Vita napoletana (Catania 1885), che solo nel titolo si richiama al realismo sociale di Matilde Serao. Tra gli innumerevoli testi per l’infanzia, cui è legata la sua più duratura fama di “Andersen del Mezzogiorno” si ricordano: Granellin di pepe (Milano 1885); Al paese delle stelle (ibid. 1889); Buonsoldato (Torino 1891), Serate invernali (ibid. 1893); Tesoruccio. Mimì e il topolino (Milano 1893); O’ pazzariello (Roma 1894); Il mio birichino (ibid. 1894); Francolino (Firenze 1895); Bliz e Friz (Milano 1897); Al paese dei giocattoli (Napoli 1899); Iracconti dell’anno (Milano 1900); La principessa Luccioletta (Lanciano 1902); Le avventure di Bottaccino (ibid. 1902); Cip cip e Glu glu (Milano 1927); L’isola del silenzio (Firenze 1928); Bambini e burattini (Torino 1930). Le sue opere ebbero molte riedizioni, furono inserite in numerose antologie, tradotte nelle principali lingue europee e premiate con medaglie d’oro e di argento alle esposizioni di Edimburgo e Parigi (1890, 1891).